martedì 31 dicembre 2013

Ingiusta pace

Han visto i miei occhi
scavate rocce da aridi venti
d’indifferenza:
era fame…
Han visto
frettolosi preti ciechi
sordo vento
silenziosa carne urlante
sull’ultimo gradino:
era freddo…
Han visto secolari memorie
obliate e chiuse:
era abbandono…
Han visto domande e perle
in smarriti occhi:
era solitudine…
Han visto figli di Dio
nulla mirare
e desolato stupore
in vinte braccia vuote:
era Madre.
Han visto i miei occhi
opulenza e ipocrisia
tra lor devoti
all’esecrato desco:
era... ingiusta pace.
- Maria Savasta

lunedì 23 dicembre 2013

Dov'è il tuo Dio?

Cerco la “casa del pane” *
ma smarrita è la cometa
nel labirinto dei dannati:
surrogate luci
fanciulle della notte
follie di droghe e suoni;
forme d’uomo smemorati
da scienti saggi
sotto vecchi giornali
di ieri,
ripudiati dormono.
“Dov’è il tuo Dio?”
urla Giobbe,
da nudo tepore antico
pietoso letame scalda
verme e anima !
Eppure all’orma tua
il mio piede stava attaccato
e al vico delle indecenze
giungo,
malinconico trapestio!
Lontano, festoso clero
e gioie di pastori,
santi epuloni d’una notte
osannano giubilanti :
“è Natale, non si soffre più”!
Strascico passo
su zacchere di pianto.
- Maria Savasta

* Betlemme in aramaico "casa del pane"

sabato 21 dicembre 2013

Le lacrime

"Le lacrime sono lo sciogliersi del ghiaccio dell'anima. E a chi piange, tutti gli angeli sono vicini."
(Hermann Hesse)

Bella questa frase di Hesse: "gli angeli sono vicini a chi piange"
ma provate a chiedere a chi si trova nell'angoscia, nella disperazione, nell'abbandono, nella miseria, se si sente gli angeli vicino...
No, lui vorrebbe l'uomo vicino: che l'incoraggiasse, non l'abbandonasse, gli tenesse la mano, asciugasse le sue lacrime....
Le lacrime degli ultimi, degli indifesi, dei piccoli senz'altro irrigano i giardini dei cieli, ma gridano vendetta e ricadono sulle nostre coscienze come gocce di fuoco.

Siamo sotto le feste, non umiliamo gli anziani, non posteggiamoli negli ospizi o ospedali, non abbandoniamoli alla loro solitudine.
Ricordiamo quanti sacrifici e rinunzie hanno fatto per noi, se saremo fortunati un giorno anche noi vivremo la stagione della saggezza e ci sentiremmo feriti se i nostri cari ci trattassero come scarpe rotte.

Buone feste a tutti.
- Maria Savasta

lunedì 25 novembre 2013

Ed è sempre attimo fuggente

 "Vorrei avere un cuore morto
un'anima distratta, 
ahimè quello sciocco ha vita propria
risorge e si fa beffe.
E l'alma mia vede sole nelle tormente
e fiori profumi e calore nel millesimo scritti.
Ed è sempre attimo fuggente 
gioioso, bruciante, doloroso 
grido d'ultima doglia
E restano antichi odori 
riflessi di rose carnali sfogliate, 
e sogni, e sguardi, e baci...
programmi e visioni di mani,
abbracci e carezze dal fato abortiti.
Venti di tramontana spazzano sogni,
 
ma primavera pulsa in gelido inverno."
- Maria Savasta

- Immagine dal web

giovedì 21 novembre 2013

La correzione

Un rimprovero o una correzione sono sempre un atto d'amore. 
Al contrario l'indifferenza o un silenzio per amor di quieto vivere ci rende responsabili delle colpe o errori degli altri. 
- Maria Savasta

- Foto dal web

lunedì 11 novembre 2013

Poesia è...

Per la mia anima la poesia è:
ossigeno, senza di essa asfissierebbe;
rugiada, senza di essa non crescerebbe;
pioggia nel deserto, senza di essa non fiorirebbe;
salvagente, senza di essa annegherebbe;
stupore, senza di esso non contemplerebbe.

_ Maria Savasta

_ Foto dal web

mercoledì 6 novembre 2013

Pace mendace

Finché anche un solo bimbo morirà di fame, finché anche una sola madre piangerà i suoi piccoli, finché anche ad una sola fanciulla verrà impedito lo studio; non potrà esservi pace sulla terra.
Anche se taceranno le armi sarà una pace mendace, la pace della vergogna.
- Maria Savasta

Foto Google Images

venerdì 1 novembre 2013

Mon amour

2 Novembre - Commemorazione dei defunti

Mon amour

Sei andato,
cieli nuovi e terra nuova
è la tua patria;
ma resti nella mia aria,
nell'acqua dei nostri pozzi,
nell'unico calice a cui ci dissetammo,
nella coppa colma
di sogni e di speranze,
nel tuo volto riflesso
in una goccia di lacrima
sfuggita agli occhi verde foglia
d'una figlia amata...
Mon amour,
come un vecchio acquarello
dai colori sbiaditi
è la memoria del nostro tempo;
ma forte e vivace
è il ricordo del tuo respiro
che ancora scalda il mio volto,
e il tuo sguardo mi copre
come una veste
di luce dorata...
Mon amour,
afflato del mio carme,
la mia ombra è la tua
e siamo uno...
mon amour.
- Maria Savasta
( dedicata al mio sposo scomparso improvvisamente nel 2007)

- Immagine dal web

venerdì 18 ottobre 2013

Miseria spirituale, miseria materiale

Due gravissimi mali colpiscono l'uomo: la miseria spirituale e la miseria materiale.
La prima genera egoismo, indifferenza, odio, guerre...
La seconda è madre della povertà, analfabetismo, carestie, fame e sete.
Sono tutte e due terribili mali, ma più grave è la miseria spirituale che è cieca, sorda e muta al grido d'aiuto di quella materiale.
- Maria Savasta

- Dipinto di Johann Georg Meyer Von Bremen

mercoledì 16 ottobre 2013

Mi sono tuffata nel verde

Mi sono tuffata nel verde.
E' bella la vita
piena di silenzi.
Credo sia vento
questo lieve sussurrare
fra le fronti.
Non c'è cielo
e sole,
ma solo calme ombre.
In questo verde stagno
mille girini
aspettano...
- Maria Savasta (poesia dell'adolescenza - 14 anni)

domenica 13 ottobre 2013

Oltre il buio

Guardiamo gli alberi, sono sempre protesi verso la luce e il cielo, anche se si trovano come seppelliti fra gole profonde, non si arrendono e, crescono crescono fino a trovare il sole.
Non si può ascendere se non siamo discesi... così anche se ci troviamo nel baratro della tristezza, sia la nostra vita protesa sempre verso la luce, risaliamo: c'è sempre un raggio oltre il buio.
- Maria Savasta

lunedì 7 ottobre 2013

La Tua Verde Foglia

Fra tutto il fogliame d'incanto
che veste la cinta,
l'occhio tuo tocca
la verde foglia
più bella.
In suo geloso grembo
goccia di rugiada
gravida di sole
aromi di vento
amabei di pastori
... e bevo cielo!

Sigillo è ora
in ansie di tempo
su fogli di lacrime
e orazioni...
Antica
greca bellezza
logora di sguardi
e baci,
aerea trina
sempreverde dono
in presente verbo.

E leggo in sua pagina
trapassate trasparenze
giubili lunari,
trame d'adesioni...
danze di mani,
fervori
e guerre di parole
pacificati in arcobaleni
d'amori puntati...

- Maria Savasta

sabato 14 settembre 2013

Caffè sospeso

A Napoli è nato un bel gesto che pian piano si è andato diffondendo un po in tutta Italia e ora anche nei paesi europei: cioè, quando si va al bar per un caffè se ne pagano due o tre per chi non può permettersi il lusso di sostare al bar per la bella bevanda tanto amata; si chiama "caffè sospeso"
Chi ha problemi entrando al bar chiede: "c'è un caffè sospeso?" se c'è viene subito servito.
Da qualche tempo altre al caffè c'è chi lascia sospeso anche un panino o un pasto; è un bel gesto discreto e d'amore verso il prossimo per chi è stato mortificato dalla vita.
- Maria Savasta

- Immagine dal web: caffè sospeso

Libertà interiore

Sentirsi bene con se stessi, è quando abbiamo raggiunto la libertà interiore libera da pregiudizi e dal timore dei giudizi altrui.
- Maria Savasta

giovedì 12 settembre 2013

E fu mattino su timido stelo

Sfiorivano pensieri alla luce delle tenebre,
piegavano alla tristezza il capo,
fuggiti erano i giardinieri del cielo
mentre fiori, grano, alberi e uomini
vinti, le spalle piegavano ai ginocchi.
E fu mezzanotte a mezzodì.
Ladri di gioie rubarono giochi e canti,
si dimisero i sogni all'illusione,
e nel deserto la speranza fuggì:
piantò tende e semi di sangue
le sue lacrime irrigarono la rena,
e fu sera alla siesta
e fu notte nella notte
candele e stelle nei cassetti.
E fu mattino su timido stelo
di pace promessa.
- Maria Savasta

giovedì 29 agosto 2013

Infinito fiore è il tempo

Infinito fiore è il tempo 
in cui la nostra vita è incastonata, 
e ogni giorno un suo petalo cade. 
Maria Savasta

martedì 27 agosto 2013

Fui poesia, sono dolore

Fui poesia
di rosa aulenza
ti danzavo l'anima e profumavo sogni,
musica e parola, silenzio...
eri d'agosto attesa
miraggio estivo,
canti di luna, fra il frinir d'alberi.

Sono dolore
recuperato, nascosta lacrima
in occhi fiorita, zona d'ombra
delusione di vagheggi, perduto sospiro
E, disattesa speranza lancia
stracci di nere nubi
ai miei abbagli.
- Maria Savasta

L'amicizia

L'amicizia vera e disinteressata, culmine e vertice dell'amore puro, non guarda colore, cultura, età, stato sociale; essa c'è: ama, capisce, non ha invidie, gioisce e discretamente è sempre presente.
Maria Savasta

lunedì 26 agosto 2013

L'indifferenza

20 Novembre: Giornata internazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.
Miseria ed abbandono generano povertà spirituale, fame di amore, sete di tenerezza, ansie per mancanza d'abbracci e carezze.
L'indifferenza uccide più della povertà ed è madre di ribellione, guerre e terrore, oltre che d'insicurezze e fragilità fisiche e psichiche.
L'indifferenza ha l'eleganza di un manto di neve che non riscalda ma soffoca
Ha la leggerezza delle foglie d'autunno e come esse volano lontano e passano oltre.
Ha la pesantezza di un macigno che senza vedere schiaccia.
L'indifferenza è il killer sordomuto che uccide più di mille guerre.
L'indifferenza uccide più della povertà.
- @Maria Savasta copyright Agosto 2013
Foto Google Font

giovedì 22 agosto 2013

La notte

Oggi qualcuno avrà realizzato i suoi progetti, altri hanno avuto delusioni; c'e chi ha sorriso chi ha pianto..., ma per tutti scende la notte con i suoi silenzi, i suoi profumi e le sue magie.
La nostra luna è tornata e la stella prediletta è sempre più bella e ci sorride.
Andiamo incontro ai nostri sogni e coloriamoli di speranza.
- Maria Savasta

Invidia

L'invidia non porta più solo la gonnella, ma si è accorta che è anche più libera indossando i calzoni: si sente forte, dura e agisce indisturbata per nuocere a chi non potrà mai raggiungere in bravura ed estro.
L'invidia si rode e lavora sottobanco per mettere in cattiva luce il soggetto che emerge.
In questi casi ascoltiamo il consiglio del Sommo Poeta Dante
"Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di loro, ma guarda e passa"
( Inferno - canto III, verso 51)
- Maria Savasta

Noia

Mi da fastidio stare con gente che dice di attendere la vita nuova con la stessa noia con cui si attende il tram
- Ignazio Silone

Artista Giuseppe Faraone

Cuore amante

Il sole continua ad amare la terra anche quando i suoi raggi sono castigati dai nembi: così un cuore amante continuerà ad irradiare tenerezza e amore anche nei giorni della sua afflizione.
- Maria Savasta

mercoledì 21 agosto 2013

I nostri eroi

Fare della propria vita un capolavoro, malgrado le avversità e le mortificazioni nel corpo e nell'anima... questi sono i nostri campioni, lode agli eroi di tutti i giorni, ai più bei fiori del dolore.
Ci alziamo in piedi con reverenza chinando il capo.
- Maria Savasta

- Foto dal web

martedì 20 agosto 2013

Gioia di vivere

Non è assolutamente necessario piacere a tutti, ci sarà sempre qualcuno cui non andiamo a genio.
E' invece indispensabile avere stima di noi stessi, piacerci e vivere la vita con gioia e serenità nel cuore.
- Maria Savasta

Non siamo una delusione

Spesso ci siamo sentiti una delusione per chi voleva fare di noi una fotocopia a loro immagine e somiglianza; abbiamo deluso le loro aspettative: genitori, insegnanti, amici, compagni di vita ci fanno sentire una nullità!
Alziamo la testa, dobbiamo sempre essere fieri e orgogliosi delle nostre scelte; la vita è unica e non dobbiamo mai sentirci una delusione a noi stessi.
- Maria Savasta

domenica 11 agosto 2013

Cuore con le ali

Quando il desiderio si fa spasimo, la lontananza sospiro, il pensiero chiodo che trafigge l'anima, l'assenza lacrima... mettiamo le ali al cuore, lui non conosce lontananze e l'amore vola e annulla tutte le mortificazioni del tempo e dello spazio, egli come libera farfalla nell'aria, raggiunge ovunque sia il nostro bene.
- Maria Savasta

domenica 30 giugno 2013

I vostri genitori

 "I vostri genitori solari e belli, hanno amato.
I vostri genitori hanno avuto accoglienti braccia e orecchio aperto.
I vostri genitori sono le vostre radici dal cui albero sono nati dolci frutti.
I vostri genitori sono solo un sogno cullato dalla nostr
a attesa.

I nostri genitori non hanno radici, le nostre radici sono aeree e fluttuano nel vento.
I nostri genitori non hanno voce per ninne nanne ne braccia calde.
I nostri genitori sono solo nomi nei documenti...
E il nostro albero con le sue radici aeree è solo elio-positivo proteso al cielo."

- Maria Savasta

giovedì 6 giugno 2013

Chi ama la solitudine

Chi ama la solitudine non è quasi mai un solitario, anzi ama l'amicizia, la compagnia, ascoltare, dialogare e non disdegna cene conviviali ecc..
Chi ama la solitudine è chi sa ritagliarsi degli spazi per se: ascoltare la propria anima, godere della natura, riflettere, meditare, contemplare...
Chi ama la solitudine spesso ha un cuore di poeta e una grande sensibilità verso i suoi simili e tutto il creato.
- Maria Savasta

martedì 28 maggio 2013

Il silenzio della pietra

C'è silenzio e silenzio...
Il silenzio urlato che fa male a chi l'ascolta; il silenzio sfilacciato in mille fili di di taciti segreti; il silenzio dell'anima: silenzio contemplativo, riflessivo, meditativo, interrogativo... e il terribile silenzio di Dio quando l'interroghi e senti il nulla, il vuoto; quando il tuo cuore è avvolto nella caligine, quando sai che c'è il sole e gli occhi sono ciechi di paura, quando non trovi pensieri e parole, quando il silenzio è l'unica cosa che ti riesce bene, quando hai paura della parola e ti rifugi nel bozzolo del tuo silenzio.
C'è anche il silenzio della luna: benevolo, che ti parla tacitamente allo spirito, che ti ispira poesia e canti d'amore..., c'è il silenzio cercato, amato, vissuto consapevolmente perché nessuna mano, o nessun pensiero o carezza e parola possono confortarti come il compassionevole angelo del silenzio.
Ma il silenzio della pietra è il più muto dei silenzi.
- Maria Savasta

- Dipinto di Caspar David Friedrich

sabato 25 maggio 2013

Oracolo Attende

Com'è dolorante
questa primavera violata
nei suoi prati,
senz'ali, trilli e petali
scippati
piange la sua anima!

E' mia la sua afflizione
per questo struggente fiore
inquieto, sofferente, sferzato da tempeste,
smarrito i miei occhi
guarda...
Oracolo attende
- Maria Savasta

venerdì 10 maggio 2013

Cosette Miserabili


Cap. VI
Mi si apre l’intelletto

L’indomani della visita del dottore dopo il rito delle abluzioni mattutine e l’infinita meditazione terroristica sull’inutilità della vita e sulla morte forse imminente, all’uscita dalla Cappella una monaca in malo modo mi prese per un braccio: “ehi, tu vieni con me” e mi trascinò in cucina.
Le altre piccole infelici, ma felici nella loro incoscienza, capirono subito che era arrivato il mio turno per il purgante che periodicamente davano alle orfane.
“l’olio di ricino, l’olio di ricino, olio di ricino …, “
e tutte in coro a strillare, saltare e ridere. Io come una sciocca non capivo niente, avevo paura, ma non volevo farlo vedere.
“vado a prendere una molletta”
“no, le stringo io il naso”
“ci vuole la molletta, la molletta”
“stringetele il naso, il naso “
e come calabroni impazziti mi gironzolavano attorno, danzando con le mani al cielo, stringendo fra le dita mollette di legno per il bucato, di tutte le dimensioni.
Decisi di restare fredda e ferma, piccola Pietra dura nell’attesa degli eventi. Pur essendo una miniatura di donna, capivo che era perfettamente inutile ribellarsi: io ero mezza spanna e loro gigantesse alte, forti e gelide come iceberg.
Una monaca dal viso intagliato nel ghiaccio e gli occhi gelidi mi porse un bicchiere colmo di qualcosa di viscido.
“Prendi e bevi, se non lo fai da sola sarò costretta a metterti una molletta sul naso così dovrai per forza aprire la bocca per respirare, e allora te lo faccio ingoiare a forza.
Se ti ribelli ti teniamo in due ferma e oltre la molletta useremo l’imbuto.”
Non avevo capito un accidenti del lungo discorso, tranne le parole “prendi e bevi”
Le altre ricoverate invece avevano capito benissimo e fremevano dal desiderio di vedere lo spettacolo di una bimba che urlava scalciando e  delle monache che la tenevano ferma con la molletta sul naso per impedirle di respirare.
Non volli dar sazio ne’ alle monache ne’ alle gazze impazzite e urlanti che non aspettavano altro che di divertirsi alle mie spalle, presi il bicchiere e come una piccola Socrate bevvi la mia cicuta cioè l’olio di ricino senza fiatare.
Mi venne da vomitare e vidi la delusione negli occhi di tutte. Ad una ad una sciamarono, restai io sola con dei terribili crampi allo stomaco; corsi in bagno e non mi potei più alzare.
Non so’, suppongo  abbiano sbagliato dose per eccesso, fatto sta che ebbi delle scariche fortissime di diarrea che pareva non volesse finire mai.
Restai seduta sul water torcendomi dal dolore e sudando fredda.
Non so per quante ore restai lì, credo d’essere svenuta, finché senti una voce amica: era il Dottor Costante chiamato d’urgenza dalle monache impaurite dal mio stato: forse pensarono che stessi per morire.
Il dottore che fortunatamente quel giorno non era a caccia, mi consolò e mi diede un farmaco miracoloso che mi fece sentire subito meglio; poi proibì categoricamente alle monache di dare alle bimbe e specificatamente a me, l’olio di ricino come purgante o lassativo.
Lasciò inoltre una busta con diversi farmaci ricostituenti a base di ferro, vitamine e altro.
Per i miei problemi di stitichezza mi prescrisse un cucchiaino d’olio di mandorle dolci da prendere la sere prima d’andare a letto.
In quel periodo la Mutua passava quasi tutti i farmaci, ma non a me perché mio padre aveva cambiato paese e residenza e mi avevano cancellata dal suo stato di famiglia.
Io risultavo solo residente a Kars, ma non ero a carico di nessuno.
Iniziai la cura ricostituente: sciroppi dolci e amari, buonissime pillole multi colorate di vitamine, piccole boccette alle quali premendo il tappo scendeva una polverina  e che poi dopo averle agitate si bevevano, erano buone: sapevano di fragole.
Dopo qualche giorno cominciai a star meglio, ma ancora cadevo ogni due tre passi, ero magrissima e non avevo la forza ne’ fisica ne’ psicologica di reggermi in piedi.
Nel giorno del trigesimo della morte di mamma venne a trovarmi la sua amica del cuore, Tessy.
Quando mi vide quasi non mi riconobbe, si mise a piangere e prendendomi in braccio recitò sotto voce questa poesia.
“Esso nacque, sua madre morì.
La morte per il suo cammino
com'è distratta a volte
dimenticò di prendere il bambino.
Un anno dopo il padre
riprese moglie, e il bimbo
aveva torto d'esserci…” da “Pierino” (Il nonno e il nipotino) di G.Pascoli
Ascoltai attentamente e le dissi “ancora”, e poi di nuovo “ancora”, non so quante volte Tessy mi ripeté piangendo la poesia di Pascoli; poi pretesi che me la spiegasse e man mano che lei parlava una grande luce illuminava la mia mente.
Mi si aprì l’intelletto quasi istantaneamente, come se avessi ricevuta una gran botta in testa e ricordi e visioni emersero con prepotenza.
Come in un film rividi e rivissi il giorno della morte di mamma, ora mi era tutto chiaro: mamma non sarebbe tornata mai più, non si sarebbe svegliata, non poteva, era inutile aspettarla …!
Scoppiai in un pianto disperato, infinito, inconsolabile .
Contemporaneamente capii la differenza tra la vita e la morte, io ero ancora viva, mi pizzicavo ed ero certa d’essere VIVA, ed ero contenta di non essere morta con la mamma, poi inorridivo del mio pensiero, e volevo essere anch’io morta, e mi tormentavo perché realmente non volevo morire, e mi sentivo cattiva, cattivissima … una bimba senza cuore che non vuole stare accanto a sua madre!
E singhiozzavo forte, un singhiozzo lungo, lamentoso.
Tessy piangeva con me, alla fine disse:
“andiamo a trovare la mamma”
Con il consenso della Superiora Tessy mi prese in braccio, visto che non avevo la forza fisica di camminare, e uscimmo.
Guardai il paese e le strade con gli occhi appannati dalle lacrime, ancora avevo dei singulti di pianto. Mi parve tutto diverso: piccolo, polveroso, con vecchi annoiati e soli, con lo sguardo vuoto e sperduto intenti a guardare ricordi lontani … stavano seduti davanti la porta; capii che attendevano la morte.
Non incontrammo bambini: erano tutti a scuola.
Il paese sonnecchiava.
Tutti quelli che incontrammo si fermarono per una carezza e per spettegolare con la buona Tessy.
Passammo dal Corso Matteotti, il Gran Bazar era sempre lì, ma non mi diceva nulla; non mi parve più così grande, ma piccolo e stupido.
Tessy si fermò a comprare delle leccornie, li accettai dietro sue insistenze, ma non ne toccai una, tenevo il sacchetto fermo in una mano assolutamente indifferente al suo contenuto.
Facemmo un’altra sosta dal fioraio, Tessy comprò un meraviglioso mazzo di rose bianche e rosa; “queste li portiamo alla tua mamma”
Non capivo: mamma era morta o no?! Se le regaliamo le rose, allora è viva …!
Un lumicino di speranza si aprì nella mia anima.
Arrivammo al Cimitero, non ero mai entrata in un posto simile.
Sgranai gli occhi guardando attentamente ogni cosa: Cappelle, viali curati con tanti fiori, angeli dolenti, puttini, madri lacrimose …
Credevo che mamma si fosse trasferita in una di quelle cappelle che somigliavano tanto a delle piccole casette; quale non fu la mia delusione nel vedere che Tessy imboccò un viale dove non c’erano Cappelle o statue, ma semplici tumuli di terra con una croce e il nome sopra.
Mamma, la fanciulla più bella e ricca del paese, era stata seppellita nei loculi riservato ai poveri …!
“Perché … perché … perché …?” Chiedevo piangendo.
“Tuo padre se n’è andato subito dopo il funerale, forse non avevate una tomba e in quella di famiglia, cioè di tuo nonno, non si è potuta seppellire perché tua zia Marella e zio Maso non hanno dato il permesso. Il Comune l’ha fatta mettere qui, nei loculi riservato agli indigenti.”
Non avevo capito bene tutto il discorso, ad eccezione che mamma era lì.
Scoppiai di nuovo in un pianto inconsolabile.
Guardavo la terra e tremavo. S’era d’ottobre e già faceva freddo. Mi angosciai pensando che mamma sarebbe di nuovo morta, di freddo, lì sotto; dovevo assolutamente portare una coperta per lei, non potevo lasciarla così … e continuavo a lacrimare.
Coprimmo il piccolo loculo di mamma di rose e verde, ora sembrava più bello.
Al ritorno passammo di nuovo davanti a tutte le belle cappelle, mi colpì particolarmente una, ricca di colonnine e ghirigori, era maestosa! Feci cenno a Tessy perché anche lei la guardasse:
“la mamma non deve stare sotto terra, la voglio mettere lì “
“Piccolina, quella è la tomba dei Principi Lanza, ci vogliono un sacco di soldi per farne una simile”
Era il giorno delle lacrime, scoppiai di nuovo in pianto:
“ma non può restare lì, non può, fa freddo e quando piove si bagna. La dobbiamo togliere da lì.”
Dalla morte della mamma, dopo il mio pianto inconsolabile mentre era ancora a casa nella bara,  non avevo versato una lacrima, non volevo dar sazio alle bimbe dell’orfanotrofio e alle monache, ma quel giorno ne versai così tante da prosciugarmi.
La dolce amica di mamma cercava di consolarmi come meglio poteva con baci e carezze, eravamo entrambe in un mare di lacrime, mi posò per terra per cercare dei fazzoletti; in un attimo raccolsi tutte le mie forze e scappai svelta come una leprotta.
Tornai da mamma abbracciando le rose, le spine e la terra.
Dopo qualche attimo Tessy si accorse della mia assenza, la poverina si disperò cercandomi dappertutto, finché non si decise a tornare da mamma e lì mi trovò: piccola figlia dell’aria, dei fiori del cielo, sola col suo dolore.
Più in là seduto su una lapide il vecchio custode gobbo, piangeva.
Fece cenno alla ragazza di lasciarmi sfogare.
Non so quanto tempo restai lì, finché non mi sentii spossata senza più la forza di versare una lacrima.
Tessy mi prese dolcemente in braccio ed io promisi a mamma:
“Ti comprerò una bella tomba, lavorerò e i primi soldi guadagnati saranno per te.”
“Piccolina, ne hai da mangiare pane prima di realizzare il tuo sogno!”
“Perché, perché …?”
“Prima devi crescere, studiare, lavorare … campa cavallo, che l’erba cresce!” e fra se aggiunse: “Se la trovi ancora qui.”
Chissà perché generalmente gli adulti dicono forte i loro pensieri davanti ai bambini, convinti che questi non capiscono nulla. Di certo questi adulti hanno dimenticata la loro infanzia.
Io non ho dimenticata la mia e posso garantire che i piccoli capiscono molto più di quel che si crede.
Avevo capito benissimo che dovevo crescere e studiare per poter lavorare. Invece non mi era chiaro il senso di “se la trovi ancora qui”
Tormentai Tessy per farmi spiegare cosa volesse dire.
“Per ora non puoi capirlo, un giorno te lo dirò”
Decisi di non insistere, avrei da sola fatto le mie indagini. Mamma, il dottor Costante e Tessy mi avevano sempre trattata da ‘persona’ piccola sì, ma capace di intendere e avevano sempre risposto alle mie domande con verità; invece per mio padre, zia Marella ed altri grandi sapienti, come tutti i bambini ero solo una mocciosetta fastidiosa.
Alla prima occasione avrei chiesto al Dottore.
Di ritorno all’Orfanotrofio, l’amica di mamma disse:
“passiamo a salutare i tuoi zii”
Zio Maso aveva ereditato dal nonno la passione per la caccia e la pesca, infatti non lo trovammo.
Zia Marella era davanti la sua porta che spettegolava con una vicina, le corsi incontro; lei quando mi vide si precipitò in casa e mi chiuse la porta in faccia.
Non capivo ancora certe sfaccettature dell’animo umano adulto. Nella mia semplicità credevo non m’avesse vista e cercai di bussare.
Tessy mi tirò dolcemente indietro dicendo: “lasciamo perdere.”
Da allora ogni volta che zia Marella mi vedeva, fin quando restò a Kars, o si girava dall’altra parte o cambiava strada, o  chiudeva di scatto la porta .non appena mi avvicinavo,
Poi conobbe un funzionario australiano, venuto dal suo Paese per scopi culturali, si innamorarono, sposarono e zia partì per l’Australia.
Prima di partire il Dottor Costante chiese alla Superiora: “mi dia la bimba, mi sembra giusto che saluti la zia prima della sua partenza, sono certo che non la rivedrà più”
Uscii col caro medico, ma non rividi la zia nemmeno quella volta. Quando bussammo, aprì nel riconoscere il dottore dall’occhialino, ma non appena mi vide si ritrasse e ci chiuse la porta in faccia.
E questo episodio che mi ferì molto, lo ricordo benissimo.
Non ho mai capito perché zia Marella ce l’avesse tanto con me: che torto le avevo fatto?!
Ero troppo piccola per poter offendere a morte qualcuno …!
Questi ricordi ancor oggi mi amareggiano.
Il Dottor Costante vide la delusione nei miei occhi; mi portò a casa sua e Donna Eleonora mi offrì cioccolata calda, zuccherini, biscotti e una vecchia bomboniera che a me parve bellissima.
Il ritorno all’orfanotrofio, che avrei voluto non arrivasse mai, lo feci sulle braccia della moglie del medico, questi camminava accanto a noi e ogni tanto mi accarezzava i capelli.
Mi presi di coraggio e gli dissi: “Tessy dice che non trovo più mamma lì”
“lì, dove?”
“Lì, sotto la terra, io voglio studiare e lavorare, devo comprare una bella tomba alla mamma, ma Tessy dice: ‘se la trovi’ … perché?”
Il dottore da persona onesta e giusta, mi rispose con verità; con parole semplici sì, ma con verità.
“Vuol dire che se per dieci anni nessuno toglie i loro morti dalla terra, il Comune li mette nell’ossario”
“che cos’è?”
“ è una fossa comune, un posto dove mettono tutti i poveri morti che non hanno una tomba”
“tutti assieme?”
“si tutti assieme”
“io comprerò la tomba alla mamma. Giuro.”
Mi guardò con pena, sua moglie aveva gli occhi rossi.
“Se entro dieci anni non riesci a raccogliere i soldi, andiamo al Municipio e chiederemo una proroga. Te lo prometto. Si può fare.”
Riuscii ad onorare la promessa – giuramento fatto a mamma dopo dodici anni circa, naturalmente chiedendo una proroga al Comune.
Non spendevo un soldino per me e tutti quelli che recuperavo da qualche parente o benefattore, lo conservavo custodendolo gelosamente; li contavo ma erano sempre troppo pochi.
La Superiora rideva sarcastica: “che vuoi farne? Non bastano nemmeno per le caramelle!”
A suo tempo racconterò come riuscii da sola a comprare una tomba decorosa a mamma


sabato 13 aprile 2013

Ragazza mi sogno


Ne la sera mia
l'assurdo vedo
de la ragione i tormenti
come foglia dissecca
urlata dai venti
Inquieta visione
E...,
in questo cimitero di parole
ragazza mi sogno
luminosa macchia blu
in cieli di vecchi girasoli
paziente attende volta
all’infinito istante.

copyright@Maria Savasta

domenica 10 marzo 2013


Esiste la vita nel mondo perché tutto è guidato dall'amore.
L'uomo non ha l'esclusiva di amare ed essere amato, la natura stessa è un canto d'amore di fiori, animali, vento, acqua e sole; e ogni minuto, ogni giorno, ogni stagione vi è sempre una latente primavera pronta alla rinascita.
- Maria Savasta

venerdì 8 marzo 2013

Il vero coraggio


Non è un coraggioso chi schiavizza i popoli, è violento con le donne e gli indifesi, o chi pratica sport estremi...
E' un vero eroe coraggioso chi pur nelle avversità fa della sua vita un capolavoro...!
- Maria Savasta

sabato 9 febbraio 2013


Ho sognato d'aver aperto il cuore.
"Chiudi la porta" mi diceva la Ragione
"apri solo a chi conosci" mi diceva la Prudenza
"tieni aperta la porta del tuo cuore" mi diceva l'Amore.
Ho sognato...
e tutti possono entrare: lasciare carezze come ali di farfalle, scrivere il suo nome nel mio libro dell'anima, prendere il mio bene; e c'è chi si disseta, chi ruba frammenti, chi riposa lo spirito stanco.
Ho sognato il mio felice cuore aperto.
- Maria Savasta

La diversità non crea divisione, ma coesione e arricchimento.
Siamo tutti simili ma diversi e unici, eppure siamo la meraviglia del creato: il suo capolavoro...!
Siamo popoli di diverse razze e religioni, ma tutti possiamo arricchirci culturalmente gli uni dagli altri...; la poesia, l'arte, la musica sono il collante dell'amicizia fra le genti.
Prendiamo un mosaico: tante pietruzze diverse formano il capolavoro, così dobbiamo amarci e stimarci a vicenda: siamo lo stupendo mosaico della vita, tutti belli, unici e irripetibili.
- Maria Savasta

domenica 13 gennaio 2013

Sul Pettegolezzo


Puoi stare fermo come un sasso, muto come un pesce, indifferente come l'aria, lontano come Marte, ci sarà sempre qualcuno che troverà da ridire e criticare.
I pettegolezzo è lo sport più amato e praticato nel mondo...!
- Maria Savasta

- Artist Viktoriya Bubnova - "Pettegole"